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In che modo social media e piattaforme digitali cambiano la logica dell’advocacy?
Internet e i social media costituiscono parti fondamentali delle strategie di advocacy dei gruppi di interesse: oggi l’influenza politica è sempre più inseparabile – o addirittura dipendente – dalla presenza che gli attori detengono nelle arene digitali.
Una logica di presenza è quindi alla base delle strategie di advocacy digitale, in quanto le organizzazioni e i gruppi di interesse competono per la presenza sui social media e nei dibattiti politici come mezzo per cercare di ottenere influenza sulle decisioni politiche.
Vediamo nello specifico in che modo l’advocacy digitale si può concretizzare. Sono tre le strategie, o politiche, individuabili:
La politica di accesso digitale può essere intesa come il processo in cui gruppi e attori cercano un contatto diretto con politici e decisori per discutere relativamente ad un particolare argomento utilizzando i social media o altre piattaforme digitali. Tali attività possono essere viste come strategie per amplificare l’accesso (o la mancanza di accesso) ai decisori politici o al processo decisionale. La politica di accesso digitale non mira principalmente a informare o influenzare il processo decisionale, ma piuttosto a mostrare il potenziale di influenza di un gruppo.
La politica di informazione digitale si riferisce alla presentazione pubblica di informazioni – quali i valori e gli obiettivi politici che un gruppo persegue – nei punti di decisione strategici. Far passare il proprio messaggio è ovviamente importante, ma essere visibili, indipendentemente dal messaggio proposto, è altrettanto o addirittura più importante, e può essere visto come un atto politico in sé.
La politica di protesta si differenzia dalla politica dell’informazione in quanto implica l’esplicita messa in atto di azioni e pratiche volte ad attirare l’attenzione per espandere il conflitto. I social media e le piattaforme digitali – con cui si organizzano petizioni, campagne elettroniche e forme più avanzate di mobilitazione coordinate con altre organizzazioni – sono utilizzati con lo scopo di personalizzare le campagne di protesta.
Queste dinamiche sono state studiate da due professori della Lund University, in Svezia, Gabriela Scaramuzzino e Håkan Johansson.
La tesi sostenuta da Scaramuzzino e Johansson (2019) è che le tecnologie digitali e le piattaforme dei social media non solo abbiano cambiato i mezzi di advocacy, ma anche la logica che determina le motivazioni complessive di queste attività.
L’utilizzo degli strumenti digitali è stato oggetto di ricerca sia degli studiosi sui gruppi di interesse che quelli dei social media. I primi si concentrano su come, perché e con quali effetti i gruppi utilizzano strategie di influenza politica, intese come un insieme di tattiche per raggiungere un determinato obiettivo, solitamente inteso come l’influenza su un processo decisionale. Nella letteratura sui social media, invece, la visibilità e la presenza costituiscono un fine in sé e sono essenzialmente subordinate all’obiettivo dell’influenza politica.
In pratica, gli studi sui gruppi di interesse tendono a considerare l’advocacy come un mezzo per influenzare i decision-makers, mentre per gli studiosi dei social media l’obiettivo dell’advocacy digitale è incrementare visibilità e presenza. La novità introdotta da Johansson e Scaramuzzino è che essi suggeriscono che alla base dell’advocacy digitale dei gruppi di interesse vi sia una combinazione tra la volontà di influenza politica e di visibilità. La “logica dell’influenza” e la “logica della presenza”, non reciprocamente esclusive, informano come, quando e perché gli attori si impegnano nell’advocacy digitale.
L’articolo di Johansson e Scaramuzzino è basato su una ricerca netnografica su due gruppi di interesse particolarmente attivi in Svezia: un sindacato industriale (IF Metall) e il movimento svedese per i diritti dei professionisti del sesso.
Vediamo i risultati del loro lavoro.
Scaramuzzino e Johansson hanno dimostrato che i social media vengono utilizzati non solo per ottenere l’accesso a reti di influenza più ampie ma anche come mezzo per enfatizzare l’accesso o la mancanza di accesso a tali contatti. Hanno anche riscontrato una forma di differenziazione funzionale, per cui alcune piattaforme di social media sono utilizzate per raggiungere particolari tipi di attori. Twitter, ad esempio, viene utilizzato soprattutto per instaurare contatti con i decisori politici, gli influencer e i giornalisti. Altri social media servono per raggiungere un pubblico più ampio. La politica dell’accesso digitale viene quindi utilizzata per diffondere messaggi politici e per cercare di attrarre sostenitori politici.
Conclusioni
La diffusione delle piattaforme online e dei social media ha cambiato opportunità e strumenti per l’advocacy politica. Siti web, Facebook, Twitter, LinkedIn, blog e forum sono diventati spazi di discussione fondamentali, che hanno spinto sia i politici sia le organizzazioni di advocacy e i professionisti dei Public Affairs a impegnarsi in nuove modalità di interazione.
Mentre una logica di influenza presuppone un messaggio chiave, una logica di presenza è orientata a promuovere “chi si è” piuttosto che “cosa si rappresenta”.
L’importanza di considerare l’influenza delle piattaforme digitali deriva dal fatto che ottenere una presenza politica è diventato lo scopo principale delle strategie di advocacy digitale, in quanto informa come, quando e perché gli attori si impegnano nell’accesso digitale, nell’informazione digitale e nella politica di protesta digitale. I gruppi di advocacy sono certamente impegnati nel tentativo di influenzare i governi, i funzionari pubblici e il pubblico in generale, ma tali attività di advocacy sono subordinate a una logica generale di presenza come atto politico.
Un interessante ed ulteriore spunto di riflessione è il processo di democratizzazione dello spazio politico che la diffusione delle piattaforme digitali porta con sé. I social media possono essere utilizzati dai gruppi cosiddetti “visibility-deprived”, ossia “privi di visibilità”: poiché i media tradizionali hanno il potere di decidere cosa mostrare e come presentare situazioni e problemi, spesso alcuni gruppi possono essere esclusi – o limitati – dal diffondere i propri messaggi. Le piattaforme digitali creano invece un level playing field in cui i gruppi possono creare la propria visibilità alle proprie condizioni e decidere il contenuto del messaggio che viene comunicato. Anche per quanto riguarda le attività di protesta, le piattaforme digitali e Internet hanno permesso a molti gruppi di nascere spontaneamente e di impegnarsi in azioni di questo tipo, anche in contesti in cui la comunicazione ufficiale è fortemente limitata.
Fonti
Intern