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Questo articolo è un estratto della Tesi di Laurea “Il partito è online: analisi filosofico-politica del partito piattaforma nell’era della democrazia digitale” della dott.ssa Camilla Donà dalle Rose, vincitrice del Premio Democrazia Digitale
Di fronte all’innegabile declino della fiducia nei partiti, ad un calo del numero degli iscritti senza precedenti e soprattutto al disprezzo per la dimensione collettiva della politica, nuovi organismi stanno tentando di presentare profili organizzativi originali.
Riusciranno ad essere determinanti per legittimare nuovamente il sistema partitico, oppure tenteranno di sostituirlo con qualcos’altro?
Movimento 5 Stelle, Podemos, Partiti Pirata Nord-europei: a dispetto delle differenze di contenuto politico e ideologico, queste nuove formazioni si caratterizzano per lo sviluppo di una forma-partito inedita, al passo con l’era della tecnologia digitale. Quest’ultima ha infatti permesso la sperimentazione di pratiche d’innovazione democratica attraverso le piattaforme digitali, strumenti utilizzati da questi partiti non solo per informare e mobilitare il proprio elettorato, ma anche e soprattutto per chiamarlo a votare su politiche pubbliche, cariche interne, candidati e formazioni di governo. L’obbiettivo è quello di garantire una reale risposta al bisogno dei cittadini di partecipazione, trasparenza, apertura e snellimento dell’apparato burocratico, tentando di recuperare quel rapporto di fiducia tra elettori ed eletti, ormai perso da tempo. Questi nuovi organismi, tuttavia, rischiano di mutare in una sorta di partiti-spugna che si limitano a raccogliere ed elaborare le opinioni delle masse nelle loro piattaforme, alimentandole per guadagnare consenso e propendendo verso nuove forme plebiscitarie e tecno-populiste.
L’attrazione dei partiti piattaforma risiede, infatti, nella riproposizione di un’utopia, indicata come la possibile soluzione alla crisi della politica rappresentativa: il ritorno del mito della democrazia diretta, oggi attuabile attraverso strumenti digitali.
La piattaforma Rousseau si presenta come il sistema operativo di “democrazia diretta” del Movimento 5 Stelle. Questo strumento, rifacendosi ad un’interpretazione parziale della teoria politica del filosofo ginevrino da cui prende il nome, nasce con l’obiettivo di realizzare finalmente il mito incompiuto dell’autogoverno dei cittadini. Nella pratica, il tipo di partecipazione offerto dalla piattaforma è però prevalentemente individuale e passivo. Il voto a maggioranza semplice diviene infatti la radice della legittimità di scelte che, più che alla collettività, appartengono ai leader del Movimento. Le preferenze degli individui vengono esclusivamente contate e assunte come date, come espressione “diretta” della loro volontà particolare.
La piattaforma diviene, quindi, un meccanismo di ratifica e di controllo dell’operato degli eletti nelle mani di una piccola percentuale di elettori.
L’uso della rete finisce per assumere una deriva plebiscitaria, causata fondamentalmente dalla mancanza di spazi aperti che permettano una discussione nella quale sia gerantita una pluralità di punti di vista in previsione della deliberazione.L’approccio alla base della piattaforma Participa, elaborata dal partito spagnolo Podemos, è molto diverso. L’obiettivo è infatti quello di sostenere, grazie alla piattaforma e ai media in generale, una precisa battaglia ideologica al fine di coinvolgere la maggioranza dei cittadini in un progetto egemonico. A differenza di Rousseau, Participa prevede un’intera area dedicata alla discussione e alla presentazione di proposte dal basso. La teoria filosofica alla quale i fondatori di Podemos hanno dichiarato di ispirarsi è infatti quella dell’egemonia gramsciana: per il partito, la piattaforma costituisce un mezzo necessario per condurre e declinare nel presente la lotta politica, aprendo i recinti classici della sinistra al maggior numero possibile di cittadini. In determinate occasioni, tuttavia, anche Participa è incappata in derive plebiscitarie causate dall’assetto verticistico del partito, per il quale la figura del leader Pablo Iglesias è fondamentale.Per la piattaforma di “democrazia liquida” Liquidfeedback, elaborata dal Partito Pirata tedesco, la componente deliberativa è invece centrale, proprio perché, attraverso la connessione tra i cittadini, l’obiettivo è quello di porre un freno alla liquidità e all’individualismo della società moderna teorizzata dal sociologo Zygmunt Bauman, sfruttando le potenzialità della rivoluzione digitale.
Su LiquidFeedback, i cittadini possono scegliere se partecipare in prima persona all’elaborazione e alla votazione delle proposte o se delegare il proprio voto, ma in entrambi i casi la piattaforma promuove l’interazione, il dialogo e il raggiungimento della comprensione reciproca per la risoluzione di conflitti. La funzione di voto implementata dalla piattaforma, inoltre, permette ai cittadini di scegliere tra più opzioni e di indicare anche un proprio ordine di preferenza delle proposte, modifiche e osservazioni. Anche in questo caso, l’obiettivo non è il superamento del sistema rappresentativo, ma una sua riforma. In un’intervista inedita realizzata al Consigliere Comunale dei Pirati islandesi Hakón Helgi Leifsson, egli definisce infatti il suo partito “conservatore” nei confronti di quegli ideali che hanno permesso l’affermazione delle democrazie rappresentative costituzionali.
Nell’elaborazione delle diverse piattaforme la componente ideologica è quindi fondamentale e si riflette nella scelta di privilegiare alcune funzionalità e di organizzare i contenuti in un certo modo, in base al modello d’uso che si vuole offrire ai cittadini.
Pur disponendo di funzioni simili, infatti, ogni piattaforma si concentra maggiormente su un certo tipo d’interazione e comprensione delle motivazioni e degli obbiettivi della democrazia digitale. Vi è dunque una strada per una riforma in senso più partecipativo e deliberativo del sistema partitico che gli strumenti digitali, ed in particolar modo le piattaforme, hanno reso ad oggi percorribile.
É però impossibile prescindere, in questa sfida, dalla dimensione del confronto, della discussione e del pluralismo, per non incappare in derive plebiscitarie e tecno-populiste. Ad oggi non vi sono quindi, e non si possono ancora immaginare, dei “sistemi operativi digitali” alternativi al sistema partitico, in grado di far funzionare le democrazie senza intoppi in modo soddisfacente e nel contempo mantenere salde le garanzie liberali. Sono però possibili, ed assolutamente auspicabili, strumenti che, sfruttando le immense possibilità offerte dalla tecnologia, contribuiscano a rivitalizzare la democrazia ed i suoi agenti fondamentali.
Vincitrice del Premio Democrazia Digitale