Adl Consulting è una società di consulenza strategica, public affairs e comunicazione istituzionale specializzata in attività di lobbying, advocacy e change management. Dal 2012 sosteniamo il decision-making basato sui dati e promuoviamo il #DigitalLobbying nel settore.
Il “Digital Lobbying Blog” è uno spazio digitale dove il nostro Team mette a disposizione di tutti i professionisti di settore approfondimenti su questioni emergenti nazionali e internazionali, innovazioni e best practice.
La nostra Academy è una piattaforma dedicata alla formazione di esperti in affari istituzionali e regolatori, dirigenti, giornalisti e collaboratori parlamentari. I nostri corsi, tenuti da docenti qualificati ed esperti di settore, formano figure professionali con un elevato grado di specializzazione, capaci di operare sul fronte delle relazioni istituzionali e dei public affairs attraverso tecniche e strumenti innovativi interdisciplinari.
Il rapporto tra aziende e istituzioni negli ultimi anni è diventato sempre più intenso e necessario. Possiamo considerare questo fenomeno come una sorta di reazione alla crescente complessità determinata da alcuni eventi del nostro secolo (la crisi economica mondiale, la perdita delle grandi ideologie dell’età moderna, la crisi ambientale o la globalizzazione) e dall’impossibilità, da parte della politica, di affrontare autonomamente tali questioni. La rivoluzione digitale, poi, ha contribuito a dare voce a una pluralità di attori che, accanto alle iniziative sul territorio, cooperano per innescare un progressivo coinvolgimento di tutti gli stakeholder nell’amministrazione democratica del Paese.
La ragione di questo cambio di paradigma risiede nel fatto che le aziende hanno capito che per poter operare in un ambiente occorre agire non solo nell’interesse degli stakeholder interni, dipendenti, soci, management, ma, anche, verso quelli esterni non direttamente coinvolti dall’attività produttiva come i clienti, i fornitori, le Istituzioni, l’ambiente e così via. In particolare, le aziende hanno colto l’importanza di comportarsi come cittadini responsabili, rappresentando non più solo il centro della vita economico – produttiva di un Paese, ma il cuore dello sviluppo sociale di un territorio. In quest’ottica, come sostenuto da Freeman, il filosofo autore della teoria degli stakeholder: “il management ha il compito di mappare e governare questo sistema di relazioni al fine di creare e distribuire valore” (Robert Edward Freeman, Andrew C. Wicks, Jeffrey S Harrison, Stakeholder Theory: The State of the Art, Cambridge University Press, 2010).
Che sia il politico a corrompere il manager, o che sia il manager a corrompere il politico, questa pratica ha macchiato la reputazione di entrambi i soggetti. In questo scenario, le figure che si occupano della gestione del rapporto tra questi due soggetti sono equilibristi che si muovono su un filo sottile costantemente in bilico tra interessi particolari da tutelare e interessi generali con cui fare i conti. Il tappeto per attutire eventuali cadute è la pianificazione strategica che, all’interno delle imprese, è sempre più determinante nel campo della comunicazione e del crisis management. La parola chiave di tutte le strategie di comunicazione o di marketing odierne, infatti, è “brand reputation”. Tutte le azioni corporate girano intorno all’associazione di alcuni valori al marchio dell’impresa con lo scopo di posizionare l’azienda in una certa quota di mercato e di far percepire all’esterno e all’interno una determinata immagine del proprio brand. Molti scandali di corruzione hanno scatenato esempi di crisi che sono andati a ledere proprio quella reputazione così tanto faticosamente costruita dalle aziende. La soluzione rispetto a questo empasse esiste e non è un’altra proposta di regolamentazione delle attività di rappresentanza degli interessi, ma una tendenza che nelle aziende più virtuose viene praticata da diversi anni. Qual è?
Negli ultimi anni, anche in Italia la CSR si è rivelata un vero e proprio “game changer” per alcune società: essa rappresenta l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate attraverso la comunicazione di tali performance al pubblico (Libro Verde della Commissione europea, 2001). Secondo l’VIII Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, realizzato dall’osservatorio Socialis del 2018 (ultima versione disponibile), l’85% delle imprese italiane dichiara di mettere in atto iniziative di CSR, per un investimento globale 1,412 miliardi di euro, il 25% in più rispetto al dato del 2015 (1,122 miliardi) che rappresenta un valore quasi doppio rispetto al 2001, anno in cui si è iniziato a monitorare il fenomeno. Questi dati dimostrano un trend in crescita tra le aziende, una spinta alla sostenibilità ed un‘inversione di tendenza rispetto alla mera massimizzazione dei profitti per gli azionisti. Dal Rapporto si rileva, inoltre, che questo impegno si concretizza in differenti ambiti: attenzione al territorio, alle comunità locali, alla riduzione dell’impatto ambientale per le spese energetiche, alla raccolta dei rifiuti e un crescente interesse al coinvolgimento dei dipendenti e al supporto della cultura aziendale. Il dato che però appare ancor più significativo è quello relativo alle motivazioni dietro la CSR: per il 52% delle aziende questa strategia serve a migliorare la gestione delle relazioni con il territorio, le banche e gli stakeholder.<fontcolor=”black”>Non è azzardato dire che la CSR diventa sempre più veicolo di trasparenza verso gli stakeholder che hanno contezza delle relazioni che intercorrono tra le società e tutti gli attori con cui entra in contatto nel territorio. Questo concetto, che nella letteratura manageriale in materia di CSR viene descritto dall’espressione di McGuire “Corporate Citizenship”, sottolinea come l’organizzazione, essendo parte di una comunità socio-politica, è concepita come un individuo qualunque, e, in quanto tale, portatrice di diritti e di doveri che la immettono in una rete di interdipendenza con gli altri attori presenti nell’ambiente in cui opera. In pratica, la Corporate Citizenship, rappresenta la performance messa in atto dalle organizzazioni che perseguono l’obiettivo di:
L’occasione che in questo periodo storico si presenta alle imprese è quella di migliorare la qualità della vita degli stakeholder incidendo profondamente sulla trasformazione della realtà. In quest’ottica, il vantaggio della rendicontazione permessa dalla CSR è rappresentato dal fatto che le varie organizzazioni hanno la possibilità di adottare strumenti interni ed esterni che misurano e valutano tali performance. Esternamente è possibile individuare enti certificatori o soggetti terzi che conferiscono premi, riconoscimenti, standard, iniziative e bollini in materia di comportamenti socialmente responsabili. Ne sono un esempio i rating verdi di Standard Ethics , società di rating specializzata nel mondo degli investimenti Esg (Environmental, Social, Governance) che promuove i principi e gli standard emanati dall’Unione Europea, dall’Ocse e dalle Nazioni Unite. Standard Ethics esamina le prime 30/40 società della nazione presa in esame e poi assegna il suo rating in base ad un algoritmo che tiene in considerazione tutte le variabili che sono state declinate dai tre massimi organi internazionali. Oppure, lo Standard AA1000 per la verifica di terza parte del bilancio di sostenibilità aziendale creato per migliorare le prestazioni di rendicontazione delle organizzazioni, attraverso un processo di consultazione e coinvolgimento degli stakeholder. Questo standard fornisce a questo scopo delle linee guida che definiscono:
O ancora, la certificazione del Sistema di Asset Management ISO 55001, finalizzata al miglioramento dell’efficienza ed efficacia dei sistemi di gestione delle organizzazioni e al raggiungimento di obiettivi in termini di sostenibilità e performance. La norma ISO 55001 definisce un Asset come un bene che possiede un valore potenziale o reale per un’organizzazione e comprende sia elementi tangibili e materiali, sia elementi immateriali come la reputazione, l’immagine, i brevetti e i software. Internamente, invece, si redigono report periodici da sottoporre alla valutazione degli stakeholder e, per garantire la loro comprensibilità, vengono scritti in modo chiaro e sintetico attraverso l’utilizzo di dati ed infografiche. La documentazione che questo approccio comporta, è diversa a seconda della tematica che nello specifico si va a sottoporre ad analisi, possiamo avere infatti Bilanci di Sostenibilità, Rapporti ambientali, Bilancio di responsabilità sociale e così via. Facendo un excursus tra i bilanci di sostenibilità del 2017/2018 di alcune tra le società italiane più grandi per fatturato, si nota come sta diventando una prassi comune rendicontare alcune pratiche relative ai rapporti con gli stakeholder istituzionali. Facciamo alcuni esempi:
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Fonte: Report di Sostenibilità 2017 BNL
La trasparenza e la tracciabilità nella rappresentanza degli interessi rappresentano, come abbiamo detto più volte, una sfida significativa e lo scopo degli addetti ai lavori è quello di generare consenso da parte di tutti gli stakeholder intorno a queste pratiche, individuando una metodologia in grado di comunicare il Public Affairs al pubblico in maniera efficace e trasparente (ne proponiamo una nel nostro paper Digital Lobbying Book).Un punto di riferimento in questo contesto è rappresentato dai principi OCSE che dovrebbero rappresentare una “guida spirituale” per intraprendere questo percorso di trasparenza.
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Si possono percorrere diverse strade per tradurre nella pratica tali principi: quella che si propone in questo articolo è la rendicontazione attraverso l’integrazione di due attività strategiche interne alle organizzazioni, la Responsabilità Sociale D’Impresa e le Relazioni Istituzionali. Grazie agli strumenti della prima infatti, è possibile raggiungere un vantaggio competitivo importante che permette alle imprese di caratterizzare il brand value e dare un indirizzo etico e trasparente all’azienda.
D’altronde solo l’etica e la trasparenza nella gestione dei rapporti, la condivisione tra i manager dell’azienda delle informazioni rilevanti per gli stakeholder e il decision–making basato sui dati permettono al top management di raggiungere gli obiettivi posti durante la pianificazione strategica.
Communication & Digital Lobbying Strategist presso Adl Consulting